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Mezzafemmina_ Storie a Bassa Audience

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mezzafemmina-copertinadefC’è qualcosa di perturbante in questa opera prima del torinese Mezzafemmina. No, non è la produzione affidata a Gigi Giancursi e Cristiano Lo Mele (Perturbazione), forse è solo quella semplicità elementare di esprimere tematiche agghiaccianti, di aprire l’intimissimo scrigno dei ricordi a chi ascolta, di far sentire il sud che c’è in ognuno di noi tornare a galla come una maestra irascibile.

Debutta in sordina Gianluca Conte, in arte (e in famiglia) Mezzafemmina, risorto dalle ceneri dei Melanie Efrem e che, spogliatosi da quelle vesti abbraccia il suo sogno di cantautorato leggero dalle tematiche pesanti come macigni. Ad attirare subito l’attenzione, prima ancora di ascoltare Storie a Bassa Audience, è sicuramente la particolarissima grafica del booklet, a cura di Andrea Barnaba: pagine di un quaderno delle elementari con schizzi e citazioni (di Marc Augé, Neruda, dati Censis, etc.) scritte da Gianluca e che ci fanno sembrare ogni pezzo come fosse un tema, o una di quelle riflessioni da strappare dopo aver scarabocchiato qualcosa. Cose che contribuiscono ancora di più a dare al disco quell’immagine di piccolo diario di considerazioni che risulterà ascoltandolo.

L’apertura è affidata ad “Articolo 1”, un’amara canzone di protesta d’altri tempi riadattata ai giorni moderni citando la Costituzione Italiana. Amara proprio perché vera in ogni sua virgola. Qui spicca, più che negli altri pezzi, la sua poetica grigia. Sembra di ascoltare il coro degli operai dell’Eternit di Casale Monferrato quando a ripetizione si sente: “La nostra è una repubblica fondata sul lavoro ma se vado a lavorare muoio”, che rimarrà dannatamente in testa, come ancorata tra qualche roccia dei nostri pensieri. Un legame tra il presente e le cose che Gianluca Conte aveva imparato da piccolo, nel sud, che rimane fisso e costante in tutto il disco. Che emerge tra le parole di una nonna, tra cose viste o respirate, o tra i desideri di bambino di avere una bancarella al mercato del paese che sfocia nella fredda realtà odierna della spersonalizzazione nei centri commerciali (“Le prigioni del 2000”). E non mancano conflitti interni come in “I Pinguini si comprano il cappotto”, una partita a colpi di pro e contro tra la sua Torino e Rocchetta Sant’Antonio, traccia dolcemente arricchiti dai tasti di Jolanda Moletta, presente anche in altre storie a bassa audience, come in quella sulla violenza sulla vittima (“Iside”), con una filastrocca finale da brividi affidata a Robertina, a cui fa da contraltare quella raccontata dalla bocca del carnefice (“Giochi da Grandi”).

Tra le tracce migliori del disco va sicuramente menzionata “Insanity Show”, una litania dalle pendenti verità quasi come A’ Livella di De Curtis, in cui si estinguono i confini tra sani e patologici per creare un unico calderone di società in cui a definire l’insanità è un’ostica opinione sfoderata da una democrazia surrealista. Geniale l’incursione della splendida voce di Robertina che dà un tocco magico alle altre due migliori tracce, “Brace” – un sound delicatamente in bilico tra passione, disperazione ed estrema dolcezza arricchito dal violoncello di Elena Diana (Perturbazione) –  e “Sorrisi e Balle Varie”, che chiude il disco tra la semplicità di una chitarra, l’amarezza dell’estetica e che si trasforma, nei pochi attimi di chiusura, in una scatenata ballata folk.
Ma oltre al piano di Jolanda, le incursioni di Robertina e il violoncello di Elena Diana, sono diversi i musicisti che hanno partecipato agli arrangiamenti: Andrea Ghiotti (batterista dei Toys in the Attic), Marco Fratta al basso, Eros Giuggia al sax e Giorgio Codias (Verlaine) alla chitarra elettrica, Niccolò Bosio alla fisarmonica e Ivan Larocca dei The Johnny Staccato Band alla tammorra e alla tromba.
Un disco che si presenta in tutta umiltà, che profuma lontanamente delle influenze di Marlene Kuntz e Massimo Volume, che sfodera i suoi rancori più viscerali sotto forma di semplici illazioni, che ci racconta storie amare travestite da dolci ballate e la verità della società, quella che nessuno vuole ascoltare – a bassa audience –  continuando a cullarci come se niente stesse accadendo. Una denuncia silenziosa dagli sviluppi promettenti.

TRACKLIST:
1. Articolo 1
2. Le prigioni del 2000
3. Insanity show
4. I pinguini si comprano il cappotto
5. Giochi da grandi
6. Iside
7. Brace
8. Sorrisi e balle varie

http://www.mezzafemmina.com

Emiliana Pistillo

Emiliana Pistillo, martelive, martemagazine, Mezzafemmina, musica, Recensioni, Storie a Bassa Audience

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