Dal primo istante, in cui le luci si abbassano per lasciare spazio alla musica e l’orchestra comincia ad accennare quasi in sordina alle prime note di “Yo vi”, è chiaro quale esperienza e personalità siano racchiuse in quel fisico di donna incurvato dagli anni eppur ancora così sinuoso ed espressivo.
Omara Portuondo, classe 1930, è davvero una grande signora della musica cubana ed è un piacere puro, privo di filtri intellettuali, ascoltarla intonare la musica e le melodie provenienti dalla sua Cuba e le canzoni più rappresentative dell’America Latina. L’occasione di quest’ultimo concerto romano è la presentazione di Gracias, il nuovo disco che celebra i sessant’anni di carriera della cantante (registrato a Cuba nel 2007), a cui hanno partecipato musicisti importanti come il pianista cubano Roberto Fonseca e il cantante brasiliano Chico Buarque. Si tratta di un’opera in grande stile, in cui Omara si è concessa il grande privilegio di far cantare, più che in ogni altro disco il cuore, e di riproporre, in un vero e proprio viaggio della memoria, molte delle canzoni che ha sempre sognato cantare.
La avvolgentissima “Gracias”, che dà il titolo al disco, è un brano che il premio Oscar Jorge Drexler ha scritto appositamente per lei e che Omara esegue in maniera elegantissima e asciutta. Tutto lo spettacolo lo è: nessuna sbavatura o code ritmiche di troppo, quando si balla si balla perché è il momento, l’affiatamento con i musicisti è totale e le interpretazioni dal vivo perfette per lo stile e la voce di Omara.
A più di dieci anni di distanza dall’esperienza del film di Wim Wenders Buena Vista Social Club che diede fama internazionale a lei e ad altri incredibili artisti come Compay Segundo e Ibrahim Ferrer, la cantante dimostra di essere ancora in grado di entusiasmare una platea, senza dover ricorrere al repertorio che l’ha resa celebre al grande pubblico. Un concerto e uno spettacolo davvero toccanti, davvero una gran noche cubana.
Alice Salvagni