La Hannigan, artista irlandese, cresciuta nella Contea di Meath, ha iniziato la sua carriera grazie ad un incontro fortuito con Damien Rice, con lui la collaborazione è perdurata fino al 2007, per sette anni al suo fianco nei concerti

Finisce l’ultima nota e subito una voce annuncia che Nutini arriverà sul palco nell’arco di 20 minuti (alle 22 in punto), giusto il tempo di fare un cambio veloce degli strumenti.
Il palco si svuota sotto gli occhi attenti degli spettatori e si riempie delle aspettative per il lieto ritorno a Roma di Paolo Nutini dopo due anni (nel 2010 aveva partecipato prima al concerto di Piazza San Giovanni il Primo Maggio, ed era stato ospite poi della manifestazione Luglio Suona Bene il 18 luglio dello stesso anno).
Una carriera sfolgorante, il caso che a braccetto con il talento indiscusso del giovane italo scozzese di Paisley (padre di origini toscane e madre inglese) fanno da pedana di lancio. Leggerezza, carattere aperto e solare, ironia sono le doti indiscusse del suo talento. Comunicativo senza bisogno di usare parole, sale sul palco romano salutando in un perfetto italiano, ma da lì in poi ogni modalità comunicativa è affidata quasi esclusivamente alla sua musica, quella che nell’arco di soli 6 anni lo ha portato ad avere all’attivo due album: il primo These Street, disco rivelazione del 2006 con più di due milioni di copie vendute nel mondo; il secondo Sunny Side Up accolto entusiasticamente dalla critica ed entrato nei primi posti della classifica inglese, premiato al Wind Music Award nel 2009, anno della sua uscita; ed un terzo di prossima uscita; e a suonare in posti prestigiosi come il Carnegie Hall di New York nel corso di uno speciale concerto presieduto da Liza Minnelli, e allo Stadio Wembley di Londra nel corso del Live Earth del 2007. Ha aperto i concerti di The Rolling Stones e di Amy Winehouse ed ora, non più stella nascente, ma appena venticinquenne già artista navigato, incanta con la sua voce graffiante che ricorda nelle sonorità a volta un po’ fumose un Leonard Cohen d’annata e un Bob Dylan introspettivo.

La scaletta del concerto è un equilibrio perfetto tra il passato e il presente artistico dell’autore in un gioco vintage anni ’70 molto attuale, in cui tutto torna e niente si perde.
Ancora una volta c’è spazio per la musica e per le stelle, e poco importano le ragazzine urlanti che inneggiano alla bellezza del giovane Nutini, la perla di “Candy” si snoda nell’aria e tutto diviene una dolce poesia di altri tempi, malinconica eppure tenera, che vibra a fior di pelle nella calda notte romana.
Edyth Cristofaro
Foto di Daniele Rotondo