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Femminismo: una storia lunga un secolo

Come mai avete deciso di riprendere in mano il testo del 1987, 8 marzo. Storie miti riti della Giornata Internazionale della donna?
TILDE CAPOMAZZA – Io direi che ci ha spinto il senso di responsabilità politica. Lei vede bene a qual punto di commercializzazione, di omologazione a tante feste simili come quella della mamma, San Valentino e affini era stata portata questa data che ha tutt’altre origini e tutt’altro intento.


L’8 marzo ridotto a “festa della donna” è nato in tempi lontani e difficili quando le donne erano prive di ogni diritto a partire dal diritto di voto, premessa per la conquista di tutti gli altri diritti di cittadinanza e per ottenere gli uni e gli anni ci hanno impiegato (tralasciando le pioniere precedenti) circa cento anni di lotte, di sacrifici, di sconfitte e di vittorie. Riproporre questa storia per noi ha voluto dire riproporre la corretta memoria e il vero significato di quella che va più precisamente chiamata “Giornata di lotta e di festa delle donne”.Una definizione che impegna le donne (e chi a loro è vicino) a tutt’altro che il dono di un fiore e un invito a cena.
MARISA OMBRA – C’è innanzitutto un motivo pratico di sentirci chiedere, ogni vigilia dell’8 marzo, delucidazioni su questo evento, sulla data, sul luogo, sul numero delle donne che erano bruciate vive nel fantomatico incendio in America. Evidentemente il nostro libro del 1987 non era circolato abbastanza e non aveva fatto chiarezza. Il fatto più importante però è che eravamo avvilite ed amareggiate su cosa questa data stava diventando: nata agli inizi del ‘900 come manifestazione, come azione, gesto per rivendicare i principali diritti delle donne, affermatasi come giornata di lotta comune, si stava riducendo non solo ad una festa, ma addirittura ad una festa che stava ripiegando in una deriva umiliante. E quindi abbiamo pensato di rimettere le mani al libro e soprattutto al video.

Quali sono stati i cambiamenti necessari, quali le integrazioni rispetto al testo del 1987?
TILDE C. – La ricostruzione del percorso storico reale è stata lunga, complessa e piena di sorprese innanzitutto per noi, ma non è facile riproporla in una battuta. Occorre leggere il libro che accompagna passo passo nella ricostruzione o almeno guardare il video che oggi abbiamo allungato e ulteriormente chiarito nei passaggi. E’ una visione molto gradevole e abbastanza soddisfacente.
MARISA O. – Il video è stato interamente ricostruito, le immagini sono ancora parte del video del 1987, ma il testo che le accompagna, la connessione, il discorso è stato sviluppato con molta più chiarezza e coerenza. Il testo del libro invece, nella sostanza non è stato cambiato affatto perché è comunque un testo storico, arricchito dai dati della ricerca che abbiamo condotto. La novità è nelle due nuove introduzioni al testo, che sono veramente interessanti. Raccontano cosa successe nel 1987 all’uscita del libro, quando con nostra grande stupore, tutta l’opinione pubblica vide unicamente in quella ricerca, il tema dello scandalo: il nostro intento era restituire l’8 marzo a quello per cui era nato, cancellando il mito e la leggenda di un evento che consisteva in questo rogo mai esistito. Il libro restituiva la storia di queste donne che si sono unite e organizzate per accadere prima di tutto al voto e poi a tutti gli altri diritti di cittadinanza.

Secondo voi, come mai il mito della fabbrica della Cotton è stato un modo utile per cementare nelle coscienze l’importanza della Giornata Internazionale della Donna? E come mai la notizia del vero imprinting di questa festa non è mai trapelata a livello di massa?
MARISA O. – Questa cosa della Conferenza delle Donne Russe del 1921 è in realtà, come diciamo anche nel video, immediatamente caduta. Già nel 1908 le americane avevano organizzato la prima Giornata della Donna (o almeno la prima di cui esiste una documentazione anche giornalistica), dunque già da quel momento si è cominciato a parlare di Giornata Internazionale della Donna. Nel 1921 le donne russe cercano di rilanciare questa celebrazione cercando di fissare una data che recuperi un importante momento (1917) in cui le donne di Pietrogrado uscirono sulle piazze mettendo in discussione il regime zarista, cosa questa che porterà poi alla demolizione dello stesso zarismo con la Rivoluzione. Queste tentativo cadde nel vuoto: un evento che coinvolgeva solo la classe operaia o il movimento comunista non era abbastanza per coinvolgere le donne di tutte le classi sociali o credenze politiche di tutto il mondo, nonostante persino il Partito Comunista d’Italia l’anno successivo si impegnasse attivamente con il suo organo di stampa “L’Ordine Nuovo” per una migliore riuscita della Giornata Internazionale della Donna. Serviva qualcos’altro, insomma…

Dove sta andando il femminismo contemporaneo e in quale modo è influenzato dalla sua storia?
TILDE C. – Noi abbiamo scritto la storia dell’8 marzo non la storia del Femminismo e del Movimento delle Donne, anche se abbiamo dovuto attraversare oltre un secolo di storia delle donne per seguire questo filo della giornata. Un cenno però c’è: nel video ricostruito dove diciamo che oggi il femminismo non è sparito, si è frammentato, agisce in una miriade di gruppi indipendenti l’uno dall’altro e con obiettivi specifici: è -come si usa dire – nella sua fase sotterranea come altre volte è accaduto nella storia essendo stato più volte definito “Movimento carsico”.
MARISA O. – Direi che questo è un discorso molto complicato perché ogni generazione pensa di scoprire tutto, di inventare tutto e solo dopo molto tempo si scopre la storia del movimento che c’è dietro. Il femminismo o anche il Movimento Emancipazionista (UDI) non ricordarono subito le donne straordinarie che già a metà dell’800 proponevano le rivendicazioni per cui si è combattuto: il diritto al voto, alla parità salariale, ma anche solo il diritto al lavoro (che era negato) o alla maternità. Quando negli anni ’70 il Femminismo recupera questa storia, la giornata della Donna rimane però prevalentemente una giornata di Festa, ludica quindi. Il Femminismo storico, quello degli anni ’70 ma anche della prima metà degli anni ’80, ha visto come un ritirarsi dalle piazze, per prestare attenzione alla ricerca storica e al confronto con le discipline che prima erano state un pò trascurate. Come il Movimento Carsico di cui parla Tilde, oggi direi che sull’onda di questi terribili episodi di violenza sessuale sulle donne, il Femminismo sta ritirando fuori la sua forza, la sua energia, le sue idee, pur tra molte difficoltà, perché la violenza che avviene in famiglia pur essendo la più grave è anche la più difficile da tirare fuori alle donne violate, che necessitano di molto coraggio individuale per affrontare sentimenti anche molto complessi e controversi. Noi abbiamo voluto fare, con la ristampa di questo libro, anche un’operazione di coraggio, una specie di antidoto contro la solitudine, un tentativo di dare coraggio e speranza alle donne, alle ragazze che si sentono sole, attraversando la nostra storia comune, quella delle donne straordinarie che si sono battute perché tutte potessero avere tutto ciò a cui hanno diritto.

La mercificazione di una lotta importante è l’unica cosa che ci rimane di una conquista storica come quella di poter finalmente festeggiare la femminilità, nella giornata dell’8 marzo?
TILDE C. – Ci pare che già ci siano i sintomi di una riscossa da parte delle nuove generazioni perché la violenza sulle donne oggi ha raggiunto cifre impressionanti e inaccettabili. Ma tutto questo non può dipendere solo da un libro. Noi abbiamo dato un contributo. Abbiamo certamente e motivatamente spento l’incendio, ma abbiamo acceso un faro sulla lunga storia di lotte delle donne per fare memoria, perché chi avrà la voglia di leggerlo e magari di discuterlo in gruppo possa sentire rinascere dentro di sé il desiderio di restituire alla Giornata della Donna la sua dignità e utilizzarla come un’occasione per rilanciare le denunce e le proposte contro le aberrazioni della violenza contro le donne.
MARISA O. – Resta quasi tutto da rifare, direi, perché molte delle conquiste realizzate si stanno perdendo e vanno assolutamente riacchiappate. Il diritto di famiglia per fare un esempio, il diritto alla parità di salario, il diritto al lavoro e alla maternità (pensi che sono riapparsi anche i licenziamenti per “causa di matrimonio” -così si chiamava negli anni ’60- oggi le donne prima di essere assunte devono firmare un auto licenziamento che il padrone impugnerà nel momento in cui questa donna andrà in maternità) o anche questa faccenda della pensione obbligatoria a 65 anni che relegherà donne forti, indipendenti e capaci, al ruolo di badanti della famiglia. La mia speranza è che nelle donne prendano il sopravvento di nuovo la volontà, l’indignazione, la rabbia, e che ci si riorganizzi per mettere in luce non solo le qualità delle donne, ma soprattuto la dignità dell’essere donna.

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